La storia di Natalino
La storia di Natalino
Nella notte la bianca neve era caduta, malinconicamente lieve, soffice...
Natalino sentiva solamente il rumore dei suoi passi che, pesanti ed affaticati, facevano suonare quei fiocchi; un suono secco ed avvolgente che gli ricordava quello del grano schiacciato dalla macina quando, ancora bambino, preparava insieme a suo nonno la farina. Ed il candore della luna sulla neve rifletteva sulla pelle dura e vissuta dell’uomo, sulle guance, sul mento e faceva risplendere la sua barba come mille fili d’argento.
Fili che materializzavano la sua saggezza...
E mentre pensava al grano, il suo sguardo fu catturato da una piccola figura scura, lì, sotto all’abete luccicante del giardino di una bella casa, proprio vicino alla sua vecchia scarpa consunta. Chinandosi scoprì il piccolo muso di un cane, vecchio e intirizzito dal freddo.
«Su piccola bestiola, sveglia...» - disse Natalino - «Stasera hai trovato un amico con cui vivere questa meravigliosa notte.»
L’animale lo guardò e, sull’enorme specchio dei suoi occhi, un riflesso di luce guizzò; lentamente si alzò e seguì l’uomo fiduciosamente...
Nel verde del prato, nel giallo del grano, nel blu del cielo, nel rosso del tramonto, sono nascoste le facce della luce - pensò Natalino - e tutte le luci colorate che provengono da queste finestre ne cantano l’esistenza portandone una piccola parte. «Mio piccolo amico, ogni finestra che vedi nasconde una storia» - disse rivolgendosi alla bestiola che lo seguiva - «e stasera ne vivremo qualcuna.»
Detto questo si avvicinò ad una delle finestre di una casa. Con il suo guanto, tagliato all’altezza delle falangi, ne scoprì il vetro togliendone la neve...
Nel chiarore di una lampada un libro aperto, un paio di occhiali adagiati sopra ed un gatto raggomitolato su di una fiorita poltrona. Alle pareti delle vecchie foto con vetri impolverati, dischi musicali dai riflessi metallici ed una custodia in pelle con un clarinetto appoggiato in un angolo della stanza. Dalle foto non proveniva musica, non si sentivano voci, né applausi; d’altronde né la musica né l’arte devono necessariamente comunicare qualcosa per essere vissute o emozionare. Ma nelle foto la gente sorrideva. E anche Natalino stava sorridendo...
Una insipida pioggia dal cielo e i cupi suoni lontani... ...l’odore della terra bagnata ed il crepitio delle gocce sulle foglie degli alberi riemersero fulminei, mentre i due si avvicinavano ad un’altra finestra, l’unica accesa di quella grande casa. Nel suo interno un uomo sedeva ad un tavolo, una giacca bagnata appoggiatavi sopra, un cartoccio nocciola in terra ed una bottiglia di vino davanti a lui. «L’ultima...» - starà pensando - «si, sarà l’ultima bottiglia.»
Ma l’unica luce accesa proviene da quella finestra. E la casa sembra troppo grande per una persona sola....
Il tempo bastante... ad un’ala battente...e la libertà volò subito via. L’uomo ed il cane proseguirono lungo il viale, silenzioso e oscuro, mentre i loro passi sulla strada innevata continuavano a macinare quel grano. A volte il vento sibilava tra le fronde degli abeti, abbelliti e colorati in quei curati giardini, e le sculture di neve dei bambini disegnavano strane ombre sulle abitazioni gelate. L’animale si guardava attorno annusandone l’aria sferzante e rizzando le orecchie a quel suono lamentoso. Natalino si fermò in ascolto. Qualcosa lo chiamava...
Calde corse per le strade polverose e poi...il vento...il suono dell’acqua zampillante e del gocciolare intermittente...
inebriante ristoro dall’afa. Il gocciolare intermittente lo richiamò a sé. Mille scaglie argentate sprizzavano dalla superficie lucente di una vecchia fonte di un giardino. La massa d’acqua nella vasca era immobile, mentre poche gocce cadenti tentavano la fuga dal morso del gelo notturno. Nel suo interno centinaia di piccole bolle d’aria, prigioniere senza tempo, fermate nel loro istante più intenso. Natalino entrò silenziosamente in quel giardino...
La casa era di un bel blu cobalto e le finestre bianche come sassi di fiume. Da una di esse Natalino scorse all’interno una minuta figura intenta a scolpire del legno. Il tavolo era pieno di caldi riccioli color del miele e la forma di legno che teneva fra le mani ricordava quella di un bimbo. Una donna, indaffarata, girava intorno all’uomo parlando continuamente cercando di raccogliere ogni tanto più trucioli che poteva. Ma l’uomo sembrava non ascoltarla, tanto era intento a creare la sua opera, mentre i trucioli aumentavano sempre di più...
I due si avvicinarono poi ad una grande casa, con colonne e statue di pregiato marmo. Siepi ben curate disegnavano un labirintico sentiero che conduceva all’ingresso. Un importante portone nascondeva ambienti rigorosamente lussuosi visibili dietro le alte finestre laterali; grandi quadri antichi erano appesi alle pareti tappezzate con meravigliose carte colorate. Lunghi tappeti conducevano verso bui corridoi e stanze fievolmente illuminate...
In una di quelle stanze Natalino vide una ragazzina, appoggiata di schiena alla finestra; in mano un biglietto colorato e decorato con fiocchi e cuoricini ed un messaggio: «Nel giorno del tuo compleanno io voglio dirti che ti voglio bene. E sono sicura che anche la tua mamma te ne vuole, solamente che non ha il coraggio di dirtelo; aiutala a farlo. La tua migliore amica...». Il foglio cedeva con cadenza regolare sotto le salate lacrime della bambina...
Nel freddo viale le ultime foglie fatte cadere dal vento turbinavano in una meravigliosa danza senza logica, in piena balia della naturalezza e della semplicità. Non c’era nessuno a dirigere i loro movimenti, eppure si muovevano tutte insieme, al suono di una musica senza note, tenendo lo stesso ritmo; a volte qualcuna sfuggiva dal gruppo e si metteva a danzare da sola, per poi scomparire nel buio, lontana dalle altre. Anche le foglie secche sanno dove andare...
Una di quelle foglie solitarie volò in alto improvvisamente e sbattè contro la vetrata di una bizzarra abitazione, rosa come sale tibetano. I due amici curiosarono al suo interno. Una signora canuta, con i capelli raccolti, teneva strette al petto delle punte da danza, lise e con i nastri strappati. Un anziano signore le si avvicinò, accarezzò i suoi capelli raccolti e la baciò, poi le prese dolcemente le scarpette, appendendole alla parete, vicino al camino acceso...
Neve ...fiocchi gelati...meravigliose sculture simmetriche, ognuna diversa dall’altra...semplici alberi stilizzati da un bambino...oppure complessi fiori senza anima.
Comparivano dal nulla, dal buio del cielo notturno scendevano repentini scomparendo al contatto della vecchia giacca di Natalino e ricomparendone magicamente dietro la sua figura, come se quel corpo fosse etereo ed i fiocchi non ne avvertissero la sostanza...
Il piccolo cagnolino ogni tanto si scrollava di dosso i piccoli agglomerati di ghiaccio che, illuminati dai lampioni, brillavano come granelli di polvere colpiti da un raggio di sole in una stanza...la sua stanza. I giocattoli...le lettere di suo padre dal fronte...i disegni copiati da vecchi libri illustrati, poggiati sul tavolo...e la voce di sua madre che chiamava il suo nome...Natalino. Non era il suo vero nome, ma i suoi amici di strada lo chiamavano così...
Una notte di Natale di tanto tempo fa comparve dal nulla, abbracciato dalla sua sciarpa arancione, coperto da un cappello blu scuro a falda larga, belle scarpe e pantaloni di ottimo tessuto. Un bastone di legno, con pomello d’argento, lo aiutava nell’appoggio per camminare. Si inserì nella comunità dei «senzatetto» con naturalezza; aveva sempre una parola di conforto per chiunque e le sue maniere gentili erano amate da tutti. Quel pomello servì molto presto ad aiutare il gruppo...
Dal fondo del viale comparve un uomo, avvolto nel suo cappotto con collo di pelliccia. Frettolosamente si accese una sigaretta e sedette su di una panchina, rischiarato dal flebile fascio di un intermittente lampione. I due compagni di quella notte di Natale si fermarono a guardare, distanti da esso.
L’uomo sotto al lampione si alzò all’improvviso quando apparve un altro uomo, un giovane ragazzo alto e ben vestito. I due si scambiarono un tenero abbraccio...
Non si può mettere l’Amore in un contenitore, poiché esso lo è già. Non ha facce, né confini. Non ha peso né consistenza e neppure una forma, l’Amore. E’ e deve essere solamente. Non ha tempo, non ha spazio, non ha nome. Non sono io né sei tu, l’Amore; lo siamo entrambi. Non c’è ministro che possa amministrarlo, non c’è parola che possa descriverlo. E non c’è nessuna legge che possa limitarlo. E’ lui che contiene...
In quella notte agitata e calma allo stesso tempo, Natalino viveva il suo sogno; come ogni giorno il caldo del letto ed il freddo della vita fuori da esso. Ma la vita non è realtà, ma la parte del freddo sogno mentre siamo nel caldo letto, non viceversa. E Natalino lo sapeva, da lungo tempo; da quando si rese conto che la maggior parte delle persone, amici, cari o chiunque altro ignorava questo concetto...
Una porta è sempre spaventosa da varcare. Il cielo...in cielum...
Ciò che ci viene celato incute timore. La prima cosa che la natura insegna è proprio la paura; con essa dobbiamo convivere continuamente. Ma il segreto non sta nell’evitarla, perché impossibile farlo, ma bensì nell’affrontarla e vincerla. Imparare a farlo significa essere capaci di varcare qualsiasi soglia. Qualsiasi soglia...
Si avvicinarono ad una porta di una casa rumorosa. Nel suo interno dei bambini correvano e ridevano, mentre un fastidioso cagnolino abbaiava e correva a sua volta intorno ad un divano, dove due giovani e un'anziana coppia sorridevano divertiti...
Dalla parte opposta proveniva un suono...un flebile pianto di neonato. I due si spostarono; Natalino percepì la gioia negli occhi della giovane coppia. Il pianto di vita del bimbo scioglieva la neve intorno. E la luce sembrava più intensa...
Quel pianto di bambino riecheggiava nel viale, rimbalzando sulle case, mentre mille colori gli indicavano la via. Una stella sembrava brillare più delle altre. «Mio piccolo amico, come ti dicevo è nei colori che si nasconde la luce. E’ tempo di andare.»
I due scomparvero, inghiottiti dal confortante buio di quella magica notte. La stella più luminosa indicava loro il cammino e, sicuramente, non la meta da raggiungere...
...
poiché la vita è una spirale infinita: per orientarci nel nostro cammino dobbiamo conoscere il punto esatto dove ci si trova. Così da non perdere mai più la strada di casa.
Buon Natale.
La Storia di Natalino
Una storia di Massimiliano Petrignani